IL TRIBUNALE

    Letti  gli  atti  del giudizio civile n. 331/2001 R.G .A.C. Lav.,
vertente  tra  Modica  Vincenza,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.
Giacomo Iozzia, attrice;
    Contro  il  Ministero  della  salute, in persona del Ministro pro
tempore  rappresentato  e difeso ex lege dall'Avvocatura distrettuale
dello Stato, convenuto;

                          Ritenuto in fatto

    Con ricorso depositato l'11 dicembre 2001 Modica Vincenza espone:
che  in data 21 gennaio 1998 le e' stata «diagnosticata un'epatopatia
irreversibile» da lei contratta a seguito di trasfusione cui e' stata
sottoposta,  in  data 27 giugno 1968, presso l'ospedale San Matteo di
Pavia; che, pertanto, in data 4 giugno 2001 ha inoltrato senza esito,
al  Ministero della sanita', richiesta tesa a conseguire l'indennizzo
previsto dalla legge n. 210/1992. Chiede, di conseguenza, la condanna
dal   convenuto   Ministero   alla   liquidazione   in   suo  favore,
dell'indennizzo   previsto   dall'art. 1,   comma   3   della   legge
n. 210/1992.
    Integratosi   rituale   contraddittorio,   si  e'  costituito  il
Ministero  della  sanita', il quale deduce in comparsa l'infondatezza
della  domanda, sul rilievo che, avendo l'attrice avanzato la domanda
d'indennizzo  successivamente  alla  scadenza  del  termine triennale
previsto,  nella  fattispecie,  dalla  legge  n. 210/1992, il diritto
azionato deve considerarsi prescritto.

                         Osserva in diritto

    Va  premesso  che  ai  sensi  dell'art. 3,  comma  1, della legge
n. 210/1992  (siccome  inizialmente  sostituito  dall'art. 7 del d.l.
n. 548/1996 e quindi, nuovamente sostituito dalIart. 1, comma 9 della
legge  n. 238/1997)  «i soggetti interessati ad ottenere l'indennizzo
di  cui  all'art. 1,  comma  1»  sono  tenuti  a presentare «alla USL
competente le relative domande entro il temine perentorio di tre anni
nel  caso  di  vaccinazioni o di epatiti posttrasfusionali o di dieci
anni  nel  caso  di infezioni da HIV». La norma in questione prevede,
altresi', che i termini anzidetti «decorrono dal momento in cui (...)
l'avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno».
    Cio'   premesso  appare,  in  punto  di  fatto,  incontestata  la
sussistenza   del   nesso   causale   tra   l'emotrasfusione   subita
dall'attrice  presso  l'ospedale  San  Matteo di Pavia e la patologia
epatica.
    E'  parimenti  incontroverso che l'istanza di indennizzo e' stata
presentata  in  data 4 novembre 2001, quando ormai erano decorsi piu'
di tre anni dall'avvenuta conoscenza del danno (evento, quest'ultimo,
che,  cosi'  come  ammette  l'attrice, si e' verificato il 21 gennaio
1998,  data  cui  risale  la  diagnosi  riportata in seno alla scheda
informativa prodotta in atti).
    L'attrice,  invero,  non  nega  tale  ultima circostanza. Oppone,
tuttavia, che la previsione del termine di prescrizione triennale nel
caso   di   epatiti   post-trasfusionali,   introdotta   dalla  legge
n. 238/1997, si pone in contrasto con la Costituzione.
    La prospettazione anzidetta e', a parere del decidente, fondata.
    Al riguardo va precisato che il termine triennale era stato dalla
legge  inizialmente  previsto  solo  per  il  «caso  di vaccinazione»
(cosi',   testualmente,   l'art. 3,  comma  1  nella  sua  originaria
formulazione), mentre nessun termine era stato previsto per l'ipotesi
di danni da HIV e da epatite post-trasfusionale.
    Orbene,  appare di ogni evidenza che la successiva estensione del
termine  prescrizionale breve alla sola ipotesi da ultimo considerata
si pone in evidente contrasto con la Costituzione, non solo in quanto
crea  una  palese  disparita'  di  trattamento  tra  i  soggetti che,
trovandosi  in possesso degli stessi requisiti legittimanti, vengono,
tuttavia, differenziati, a seconda che abbiano avuto la possibilita',
nel  vigore  della  legge  210/1992  nel  testo originario, di fruire
dell'ordinario  termine  decennale, ovvero che non abbiano avuto tale
possibilita'  per  effetto dello ius superveniens, ma anche in quanto
tratta  in  modo  differente  due  ipotesi  sostanzialmente identiche
invero,  non  e'  chi non veda come, sia l'epatite, sia l'HIV vengano
considerate   dalla  legge  alla  stregua  di  cause  teratogene  che
giustificano il godimento dell'indennizzo allorche' vengano contratte
in  occasione  di  trasfusioni  di  sangue  e  non  e'  chi non veda,
conseguentemente,  come  il  legislatore  abbia  ritenuto entrambe le
patologie  di  pari  gravita'  e,  come tali, meritevoli dello stesso
beneficio indennitario.
    Giova,  in  proposito,  ricordare  che  sia  l'HCV che l'HIV sono
malattie  che,  allo stato delle attuali conoscenze mediche, non solo
hanno andamento cronico, ma hanno entrambe prognosi infausta.
    Occorre,  inoltre, aggiungere che la normativa in esame ricollega
la  prestazione  reclamata,  non gia' a una specifica responsabilita'
per  colpa  della  struttura  pubblica,  ma  al  fatto  in  se' della
contrazione  della patologia in dipendenza di emotrasfusione comunque
effettuata. Non e' un caso, del resto, che la legge preveda, non gia'
un risarcimento in senso tecnico, ma un «indennizzo», dovuto, come in
altre  ipotesi  (cfr.  per  la  contrazione della poliomielite, Corte
cost.  27/1998),  anche  quando non sussisteva l'obbligo di specifica
prevenzione.
    Ma  se  cosi' e', non si comprende per qual motivo il legislatore
abbia,  poi,  voluto  differenziare  la possibilita' di esercizio del
diritto    all'indennizzo,   riducendo   drasticamente   il   termine
prescrizionale solo per coloro che sono stati colpiti da epatite.
    Non  ignora  il  decidente  che la Corte delle Leggi (Corte cost.
226/2000,  Corte  cost.  423/2000),  esaminando  la  questione  posta
dall'assegno  una  tantum com'e' noto accordato, dall'art. 1, comma 2
della  legge  n. 238/1997,  solo  ai  soggetti  di  cui  al  comma  1
dell'art. 1  della  legge  25  febbraio 1992, n. 210» (vale a dire ai
soggetti  sottoposti obbligatoriamente a vaccinazione, con esclusione
degli emotrasfusi), ha ritenuto la costituzionalita' della norma, sul
rilievo che la cogenza o l'incentivazione della vaccinazione (imposta
dalla  necessita'  di promuovere la salute collettiva), presupponendo
un   interesse   generale,  giustifica  una  tutela  diversa  e  piu'
rafforzata  rispetto  a  quella  prevista per il danno da trattamento
emotrasfusionale   praticato   in   ragione   della  sola  necessita'
terapeutica.
    Nondimeno,  proprio alla luce di tale considerazione appare ancor
piu'  incongrua  una  disparita' di trattamento prevista nello stesso
ambito delle emotrasfusioni, vale a dire nell'ambito di un'attivita',
la   quale,   non  essendo  imposta  obbligatoriamente,  e'  prevista
nell'ambito  dei  trattamenti  terapeutici tendenti alla tutela della
salute  e,  quel  che  conta,  ha  costituito  la  causa determinante
dell'infezione.
    Sotto  altro  profilo,  non  puo'  trascurarsi di considerare che
l'indennizzo in scrutinio trova la sua ratio nel diritto-dovere dello
Stato  di evitare gli effetti teratogeni degli interventi terapeutici
che esso e' tenuto a prestare ai cittadini (Corte cost. 267/1998).
    Vertendosi,  invero, in tema di diritto alla salute, che ha rango
costituzionale, lo stesso non puo' essere in alcun modo limitato.
    Ne deriva che appare affatto incongruo e irragionevole sottoporre
la  tutela  di  tale  diritto,  sia  pure  sotto il peculiare aspetto
risarcitorio  (Cass.  9772/1995),  a  limitazioni  che,  come  quella
connessa   alla  brevita'  del  termine  di  prescrizione  triennale,
costituisce  grave  remora all'azionamento della pretesa e si pone in
contrasto con l'art. 32 della Costituzione.
    In  buona  sostanza, vertendosi in tema di diritto soggettivo (al
conseguimento della prestazione costituzionalmente garantito (cfr sul
punto,  Corte  cost.  118/1996,  Corte  cost.  27/1998  e  Corte cost
992/1998)  e  riconosciuto  dalla legge, lo stesso, non solo non puo'
derivare da un accertamento costitutivo della P.A., la cui pronuncia,
viceversa,   ha   mera  natura  ed  efficacia  dichiarativa  (con  la
conseguenza  che  il  ricorso  alla  giurisdizione  non  ha carattere
impugnatorio della pronuncia amministrativa, atteso che il diritto in
questione viene in essere per il fatto stesso di essere previsto - in
presenza  dei requisiti richiesti - dalla legge), ma non puo' neppure
essere  soggetto  a  limitazioni  temporali piu' ristrette rispetto a
quelle  che  condizionano  l'esercizio di diritti che, come quelli di
credito, hanno rango certamente minore.
    La  questione  prospettata appare indubbiamente rilevante, atteso
che,  come  si  e' detto, non vi e' contestazione, in punto di fatto,
ne'  sulla  sussistenza  della  patologia legittimante, ne' sul nesso
eziologico dedotto in giudizio, di talche', dal giudizio rimesso alla
Corte delle Leggi dipende la decisione della causa.
    Cosi' le cose, appare rilevante e non manifestamente infondata la
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 9 della
legge 238/1997:
        1)  in  relazione  all'art. 3 della Costituzione, laddove: a)
crea  una palese disparita' di trattamento tra i soggetti che, avendo
contratto     epatite    post-trasfusionale,    vengono,    tuttavia,
differenziati a seconda che abbiano avuto la possibilita', nel vigore
della  legge  210/1992 nel testo originario, di fruire dell'ordinario
termine decennale, ovvero che non abbiano avuto tale possibilita' per
effetto dello ius superveniens; b) prevede, nella identica ipotesi di
danni  da  emotrasfusione,  legittimanti il godimento dell'indennizzo
previsto  dall'art. 1  della  legge 210/1992, un trattamento diverso,
differenziando  i  danni  da  epatite (per i quali prevede un termine
prescrizionale  breve  di tre anni) dai danni da epatite (per i quali
prevede un termine prescrizionale di dieci anni);
        2)  in  relazione  all'art. 32  della  Costituzione, laddove,
prescrivendo   che  domanda  d'indennizzo,  nell'ipotesi  di  epatite
post-trasfusionale, debba essere presentata nel termine perentorio di
tre anni, prevede un'ipotesi attenuata di tutela del diritto primario
alla salute, il quale, viceversa, in quanto ritenuto fondamentale per
l'individuo  (e,  come  tale  costituzionalmente garantito) richiede,
semmai,   una  tutela  rafforzata  rispetto  ad  altri  diritti  che,
viceversa,  pur  non essendo dello stesso rango, non sono soggetti ad
incumbenti  amministrativi  condizionanti  e  sono,  comunque,  salve
specifiche eccezioni, azionabili in un termine piu' lungo.